di Mariagiovanna Rosati Hansen
2° edizione Edup
COME COMINCIA
PERCHE’ QUESTO LIBRO? O MEGLIO: PER CHI?
“Il teatro è prima di tutto un’arte che si muove. Bisogna cancellare sempre tutto, dimenticare sempre. Ripartire sempre da zero. E’ la rivoluzione permanente. E’ questo il suo lato appassionante. Ogni giorno si deve rinascere per la prima volta. E’ qui la difficoltà”
J.L.Barrault
Nel senso arcaico il Teatro è la capacità dell’essere umano di osservare se stesso in azione.
L’uomo è capace di osservarsi nell’atto di guardare, di ascoltare, di sentire le proprie emozioni, perfino nell’atto di commuoversi per i propri pensieri. L’uomo può osservare se stesso vivere nel senso più ampio della parola e può immaginare se stesso agire in una situazione inventata. Solo l’Uomo può osservare se stesso oggi e immaginarlo domani. L’uomo è quindi Spetta-Attore ed è su questo concetto che porto avanti l’insegnamento nella mia scuola.
Gli attori, sulla scena, hanno la possibilità di rivivere, riconoscere e raccontare alcuni aspetti di noi stessi, che altrimenti rimarrebbero inespressi e tutto questo nella certezza di “esserci” e di essere per questo motivo visti e riconosciuti: tutto ciò aiuta, e molto, a nutrire la propria autostima.
Oltre a ciò il potere agire in uno spazio protetto, protetti dalla maschera del personaggio, ci garantisce la sicurezza di non correre i rischi, con le relative conseguenze, tipici della cosiddetta vita reale.
Le relazioni inter-personali, il concetto di spazio e di contatto, la comunicazione verbale e non verbale, fanno parte del mondo del teatro, ma anche della vita.
L’uomo possiede veicoli di trasmissione diversi oltre a quello verbale: lo sguardo, l’espressione facciale, l’espressione corporea, inviano messaggi non verbali a volte più veloci ed efficaci di quelli dati dalle parole.
La sequenza interpretativa è, infatti, quella che parte dal pensiero ed è seguita, prima dal gesto e poi dalla parola.
Spesso il gesto è così espressivo che la parola diventa superflua e l’attore si ritrova ad essere costretto a riprendere l’equilibrio espressivo perché non può omettere la battuta.
L’Attore è costretto a vivere nel QUI E ORA: egli deve seguire attimo dopo attimo i propri stati d’animo per tradurli in gesti teatrali, cioè in azioni finalizzati alla comunicazione di un messaggio.
Solo con il tempo e tanto esercizio, l’attore imparerà ad allargare la sfera delle emozioni, a fissare le immagini ed il loro significato in una situazione semantica e finalizzare il tutto secondo una proiezione dinamica in scena..
Nel tempo succederà che riuscirà a fare tutto questo anche fuori della scena, nella vita, vivendo il quotidiano con maggiore consapevolezza.
In scena, se anche, attraverso la lettura del copione, noi conosciamo la storia futura del nostro personaggio, non possiamo, come si dice in gergo teatrale, “telefonarlo” al Pubblico prima del suo momento.
Vivere al presente, nella vita come sulla scena, significa non pensare alla battuta che “dovrò dire”, ma solo a quella che “sto dicendo”, significa vivere la situazione adesso, mentre la sto vivendo, godendomi il momento, divertendomi veramente se il mio personaggio si sta divertendo, soffrendo ora, se il mio personaggio sta soffrendo, senza mai pensare al “poi” che comunque arriverà e verrà affrontato come ora sto affrontando ciò che mi sta succedendo.
Interpretare un Personaggio non vuol dire “vivere la vita di un altro”, bensì “vivere per un breve lasso di tempo, la propria vita come se fosse quella di un altro” e, come succede nella vita reale, noi non sappiamo ciò che diremo o faremo anche solo fra un minuto. Il nostro immediato futuro è condizionato dalla storia e dall’immediato futuro degli altri che coesistono con noi, quindi tutto diventa imprevedibile.
L’Attore deve essere consapevole di agire con la mente e con il corpo insieme (globalità psicofisica o bodymind)!
L’attore usa il proprio corpo, insieme con la mente, per donare sulla scena emozioni attraverso i gesti, i movimenti e perfino le tensioni.
Per consapevolizzare questo concetto possiamo aiutarci con la musica: la musica è una proiezione sonora di tutte le tensioni del corpo.
“La musica spiega quella musica interna che è la nostra postura” dice Ruggieri.
Il corpo globale psico-fisico nella sua complessità tra psiche, mente, corpo, voce costituisce un linguaggio che per l’Attore deve anche diventare linguaggio artistico.
L’Attore che ha preso coscienza di questa verità, impara a riconoscere e governare l’espressione corporea che esprime un’emozione, a consapevolizzare come, governandola volontariamente, egli possa rivelare l’emozione che aveva originato la manifestazione fisica.
L’Attore è il suo corpo: è strumento e musicista insieme e deve essere consapevole e conoscere tutte le risposte e le caratteristiche che il suo strumento possiede per trarne i suoni migliori.
Decroux, il Mimo, afferma che “nel corpo occorre instaurare una comunicazione nuova dove già esiste una comunicazione”.
Ma allora, la nuova comunicazione, perché non potrebbe, essendo relativa a quella già esistente e frutto di un’elaborazione creativa che parte da essa, rimanere legata all’azione spontanea?
Due scienze influenzate dall’antropologia, la cinesica e la prossemica, studiano come, attraverso il corpo, si formino dei linguaggi gestuali che tengono conto del variare delle posizioni nello spazio e nel tempo.
Questi linguaggi sono propri dell’uomo che vive in una civiltà che gli consente di esprimersi in rapporto agli altri.
La tendenza dell’uomo di cercare attraverso il gioco, la complessa simbologia del corpo umano, è tra i tanti aspetti che si riflettono sull’attività teatrale.
Fare teatro aiuta anche ad uscire dalla trappola delle paure immaginarie e quindi a stabilire un programma che stimoli a rimanere positivamente motivati nonostante i momenti inevitabili in cui la solita vocina vi dice “ecco, lo vedi? Hai osato troppo e non ce la farai mai!”.
Queste vocine ci trattengono dall’agire.
Allora “ascoltiamole” per riconoscerle, contattiamo pure le nostre paure sotto l’amorosa guida del Maestro, e poi… “agiamole” sulla scena: “recitandole” scopriremo che non sono poi così spaventosamente insuperabili.
Potremmo perfino “giocare” ad essere ciò che vorremmo essere, ad essere coraggiosi per “due minuti” e, dopo esserci sperimentati “per finta”, potremmo trovare la forza per provarci sul serio, nella vita.
Tutto questo dà una carica di energie illimitata per perseguire il cambiamento in meglio, permettendoci di affrontare perfino con ironia, la nostra realtà,creandoci la vita giorno dopo giorno, con gioia.
Tutto nasce dalla accettazione di sé: in effetti è dalla accettazione che inizia il cambiamento.
Ma come si fa ad accettare ciò che non si conosce?
Il “fare Teatro” è , allora un ottimo mezzo di conoscenza di sé come sanno molto bene anche quegli attori, i più coraggiosi, che, pur senza alcuna competenza psicologica, usano, più o meno inconsciamente la loro professione per addentrarsi sempre più profondamente in uno studio introspettivo di se stessi.
Spesso gli Allievi mi domandano se l’avvicinarsi alla psicoterapia e/o alla psicoanalisi può portare ad una mutilazione della propria capacità creativa a causa della sua funzione “normalizzante”.
Attraverso la mia esperienza sono arrivata alla conclusione che, al contrario, attraverso la consapevolezza e l’abitudine all’analisi si impara ad esprimere più liberamente la propria creatività e questo perché, imparando a gestire l’ansia attraverso l’interpretazione teatrale si impara a scegliere modalità di comportamento diverse a seconda della situazione e tutto ciò disvela possibilità relazionali infinite.
Tra l’altro ritengo la Psico-terapia un percorso da consigliare a chiunque senta l’esigenza di conoscersi per evolversi e quindi scansando quella mentalità, a mio avviso, ormai antiquata, per la quale ci si avvicinava alla psicoterapia soltanto se afflitti da una qualche malattia mentale.
D’altro canto, questo tipo di mentalità forse è anche alimentata proprio dagli Psicoterapeuti che, anche attraverso parcelle proibitive, rendono l’avvicinamento alla psicoterapia impossibile per coloro che vorrebbero utilizzarla semplicemente per …stare meglio, facendo sì che essa sia, di fatto, una “cura d’elite” molto poco democratica!
L’abitudine all’analisi dei propri comportamenti, senza comprometterne la capacità empatica necessaria per interpretare un Personaggio, aiuta a conquistare contemporaneamente un distacco indispensabile alla costruzione dell’interpretazione che quasi sempre parte da una intuizione.
La salvezza dalla pazzia consiste forse proprio nella libertà interiore, e soprattutto nella libertà di creare.
“Soltanto creando, creandosi, ci si trova!” dice Pirandello (in “Trovarsi”).
Essendo, oggi, diverso anche l’approccio psicologico con questo mestiere è stato di conseguenza per me necessario, in quanto Insegnante, non fermarmi ai vecchi sistemi, ma cercare nuovi mezzi per “comunicare” la mia conoscenza e la mia esperienza a chi si era rivolto a me perché animato dalla stessa passione, per cui ho indirizzato la mia ricerca ed i miei studi nel campo della psicologia, raggiungendo risultati insperati anche a livello artistico e professionale.
Trovo, però, che ultimamente si stia facendo troppa confusione tra la materia artistica e quella psicologica nei così detti “laboratori teatrali” nati negli ultimi tempi dove spesso gli insegnanti toccano argomenti di cui non hanno nessuna competenza, come lo psico-dramma o altre tecniche psicologiche, al solo scopo di rendere più interessanti le loro lezioni.
Dall’altra parte è sempre più frequente incontrare Psicologi che si avventurano su un terreno, quello artistico, senza averne una competenza specifica, se non quella, forse, di spettatori entusiasti.
È vero che il danno ,in questo caso è puramente … estetico, ma perché allora non approfondire l’argomento entrando direttamente e professionalmente nel campo?
I miei allievi Psicologi, che frequentano l’Accademia di preparazione dell’Attore, sanno quanto sia importante la preparazione artistica per integrare quella psicologica: la scoperta e lo studio delle analogie tra le due discipline può essere l’inizio di un viaggio di ricerca veramente affascinante.
Un insegnante di Interpretazione deve lavorare con l’Allievo stimolandone la curiosità e la creatività e sono molte le regole che si possono insegnare a tutti indistintamente, ma bisogna essere in grado di trasmetterle al momento giusto, e per poter far questo l’Insegnante deve conoscere bene la sua professione, ma anche la “storia” stessa dell’Allievo e soprattutto deve avere la competenza necessaria per utilizzare al meglio le conoscenze acquisite.
Ci vuole, insomma, un metodo1 che unisca sinergicamente l’aspetto creativo e una competenza professionale e che vada a sostegno del lavoro degli allievi.
Nel Metodo Hansen1, l’arte dell’attore, con tutte le indispensabili tecniche e modalità artistiche finalizzate alla messa in scena viene , come spiego in questo libro, utilizzata anche come mezzo per una più profonda conoscenza di sé e quindi fjnalizzata ad un cambiamento attivo nella relazione per perseguire un modo di vivere migliore.
Per operare in un ambito senza confini predisposti come quello della salutogenesi, bisogna acquisire tutta la competenza artistica e psicologica integrata con una struttura di Counseling.
L’essere umano così detto “sano” è una struttura infinita e pertanto è necessario acquisire una mentalità elastica, aperta e disponibile a qualsiasi tipo di modalità si venga a creare all’interno di un gruppo formato da universi infiniti quali i nostri Allievi.
Lavorare nell’ambito della salutogenesi quindi, non è esattamente più facile di quanto sia lavorare nell’ambito della patologia dove i confini sono chiari e noti agli specialisti.
Forse, al contrario, è richiesta un’apertura mentale ed una maggiore predisposizione all’empatia, una particolare capacità di riconoscere, per affidarsene, le proprie intuizioni, ma anche una disponibilità d’animo e di competenza artistica specifica per poter espandersi generosamente con i propri Allievi per esplorare con loro le infinite possibilità che le Arti Espressive tutte offrono a coloro che le vivono in prima persona, e perseguire una migliore qualità di vita.
L’arte teatrale, per sua specifica caratteristica, è un’Arte che contiene altre discipline artistiche con le quali interagisce da sempre: la musica, la danza, la poesia.. ecco perché le Arti Terapie Espressive® in generale e L’Arte Teatro terapia® nello specifico utilizzano tutte le arti in una armonica integrazione di intenti sia artistici sia terapeutici.
l’Arte Teatro Terapeuta è una figura professionale nuova nata proprio inizialmente dalla necessità di aiutare gli Attori fin dalla preparazione accademica ad affrontare un ambiente, quello dello spettacolo, non esattamente “in equilibrio”.
Secondo me, però, la parte più interessante di questo mestiere è la ricerca e questa, poi, è la vera ragione per la quale ho scelto l’insegnamento come completamento della mia professione d’attrice.
Il Metodo Hansen® attinge dall’allievo (e non dal testo al quale approda dopo un tempo non prevedibile) e dalla conoscenza delle sue modalità espressive relazionali.
A partire da queste si inizia un percorso esperienziale e affettivo.
Questo è un punto di partenza: solamente conoscendo se stesso ed emozionandosi, l’allievo-attore sarà in grado di emozionare il pubblico a teatro.
L’azione fisica sulla scena permette altresì, una verifica immediata che rende il processo analitico e di consapevolizzazione molto più veloce dell’analisi didascalica.
La tecnica, o meglio, le tecniche di cui imparerà a servirsi, senza però farne una.. …”religione”, l’aiuteranno a controllare voce e corpo per usarli come strumenti d’espressione.
Anche lo studio della dizione e della fonetica devono diventare la base di una consapevolezza tecnica finalizzati alla ricerca di intonazioni spontanee per una definizione attenta di comunicazione che non è mai sullo stesso piano.
Il rapporto voce e gesto ha come scopo, in scena, quello di un complesso insieme di significati.
Un per-corso, dunque, di crescita artistica e personale molto delicato dove l’insegnante-agevolatore dovrà essere non solo competente nella parte specificatamente artistica, ma anche di quella psicologica.
Soprattutto dovrà essere accogliente, empatico, e attento ai vissuti che gli allievi racconteranno anche inconsciamente sulla scena.
Tutto ciò significa che dovrà imparare ad “ascoltare” e questo non significa soltanto “sentire con attenzione” perché forse non basterebbe.
Ascoltare per capire è una cosa, comprendere, con-prendere, è qualcosa di più e per arrivarci bisogna imparare ad ascoltare anche con gli occhi, con le orecchie e con…il cuore.
L’ascolto inter-attivo, tipico del Counseling, è la chiave di volta per un insegnamento terapeutico, e leggiamo questa parola nell’accezione arcaica di “prendersi cura”, quindi non di “curare” (significato che è arrivato molto tempo dopo).
Nell’ascolto inter-attivo è importante l’osservazione globale di colui che sta parlando, dal respiro al colorito che possono mutare di volta in volta a seconda dell’argomento , dalla postura, la prossemica, il tono della voce… soprattutto, per un ascolto valido, è importante raggiungere la capacità di fare… il vuoto mentale, allontanarsi da sé e dalle proprie esigenze; dice un antico proverbio Swaili: “come faccio a fare entrare nella mia testa le tue parole se essa è già piena delle parole che voglio dirti?”.
Ci vuole quindi una grande capacità di comprensione emotiva e di “gestione” delle dinamiche interpersonali e intra-psichiche il che richiede una competenza specifica., competenza che può essere sostanzialmente molto utile all’Attore artista che ha la necessità primaria di imparare ad ascoltare per imparare ad ascoltarsi.
Questo Metodo nasce in questo senso dalla mia esperienza nel teatro e nella vita, come Attrice e Counselor Arte Teatro Terapeuta: tutto sommato un tentativo, nato da una intuizione quando ero veramente molto giovane e dal lavoro di anni, di unire l’insegnamento artistico del Teatro ad un processo che avesse un valore terapeutico per l’individuo.
Processo fondato sulla psicologia della Gestalt e del Counseling, da un lato e dall’insegnamento della disciplina dell’interpretazione teatrale specifica dall’altro.
Confesso che descrivere nei dettagli il Metodo da me elaborato non è affatto facile anche perché non credo sia possibile raccontare ciò che si prova durante un incontro con il gruppo: ciò che esce fuori dal più profondo IO durante i feed backs, ed il relazionare dopo un ascolto inter-attivo profondo si può soltanto provare sulla propria pelle insieme con i compagni di viaggio, per non parlare dell’atteggiamento positivo del gruppo verso il conduttore quando la qualità del rapporto è intima e nutrita affettivamente.
Un viaggio attraverso l’argomento artistico del lavoro dell’attore a quello più propriamente psicologico e terapeutico perché le due discipline sono assolutamente sinergiche, le analogie tra esse fanno parte della natura organica dell’Universo Uomo e non è possibile tenerle separate, mentre è possibile, attraverso l’Arte espressiva del “fare teatro”, imparare a viverle con consapevolezza piena, proiettate nell’infinito di cui facciamo parte.
Per aiutarmi a descrivere tutto ciò ho raccolto alcune lettere scritte da Allievi delle due Accademie (quella di formazione dell’Attore e quella di Arti Terapie Espressive) allo scopo di riportare alcune impressioni esplicative.
Alcuni di loro saranno certamente Attori, altri lavoreranno nel sociale come Arte Teatro Terapeuti, ma soprattutto sono Persone che spero passeranno il messaggio d’Amore, di Pace e di Gioia nella consapevolizzazione di “esserci” nella vita oltre che sulla scena.
In questo libro parlo di tutto questo e di altro, di tutto ciò che mi viene in mente, di tutto ciò che ho sperimentato, ormai da anni, insegnando nelle Accademie del Teatro Integrato Internazionale® di Roma.
Non tutti gli allievi escono dalla mia scuola come Attori, alcuni di loro entrano nel mondo dello spettacolo come Registi o Tecnici teatrali e forse non calcheranno mai le scene come attori, ma saranno certamente più forti e strutturati e sapranno cosa chiedere alla vita perché avranno imparato ad ascoltare se stessi.
A tutti loro faccio i miei più affettuosi auguri per una vita di successi e in armonia con se stessi.
Li ringrazio perché attraverso la loro crescita sono cresciuta anch’io (e continuerò a farlo fintanto che continuerò ad insegnare, oltre che interpretare personaggi diversi sulla scena).
Voglio ringraziare anche tutti coloro che mi hanno incoraggiato e sostenuto in questa avventura, primi fra tutti il Professor Vezio Ruggieri e Rolando Renzoni, miei Amici e “compagni di viaggio” insieme con i miei “ragazzi”, Docenti e Allievi, passati e presenti, dell’Accademia dell?Istituto Teatrale Europeo di Roma, con i quali proseguo il mio cammino artistico e spirituale in gioiosa evoluzione.
Ringrazio tutti i colleghi, registi, tecnici con i quali ho modo di vivere la splendida avventura di andare in scena, essi sanno che per me è soprattutto la fase delle prove, della ricerca del Personaggio che devo interpretare sulla scena, la parte più eccitante e coinvolgente e la vivono insieme con me con tutto l’amore che ci unisce per quest’Arte.
Questo quaderno inoltre è dedicato anche a coloro che insegnano quest’arte così difficile e che, come me, sentono tutto il peso della responsabilità di chi opera prendendo in considerazione sia l’anima che il corpo di persone un po’ speciali: interiormente ricchi, particolarmente sensibili, ma anche fragili e vulnerabili e soggetti a continue altalene emotive a causa di una professione che mette continuamente in contatto con la propria impotenza e onnipotenza.
Per me questo meraviglioso mestiere non è che un mezzo.
Come spiegarlo? Il Teatro non dovrebbe costituire un’evasione o una barriera protettiva: è un modo di vivere, ma è anche un modo per vivere. Può sembrare uno slogan religioso. Forse lo è.